venerdì 7 marzo 2014

addestrare all’emancipazione le fanciulle pericolanti

Avete mai sentito usare da qualche parlante italiano la forma “Asilo Mariuccia” per descrivere un contesto di interazione umana o gruppo sociale come immaturo e governato da dinamiche infantili?

Autobiograficamente parlando io sì e diverse volte. Riflettevo su questo strano caso. L’Asilo Mariuccia fu fondato nei primi anni del 900 per volontà di una donna, descritta storicamente come emancipata, e nacque con uno scopo ben preciso: ovvero fornire asilo a giovani ragazze, soprattutto minori, che per ragioni socioculturali erano esposte al rischio di cadere nel giro della prostituzione con esplicito riferimento al pericolo rappresentato dalla Tratta delle bianche. Questa istituzione filantropica, di impostazione laica, accoglieva senza distinzione di nazionalità o religione qualunque giovane donna esposta all’influenza di contesti “moralmente malsani” offrendo un aiuto immediato e concreto, quindi, presumibilmente, per qualcuna anche la salvezza nel senso più pratico del termine. Come un segugio sulle tracce dell’origine di una così evidente sostituzione semantica, non posso che far fruttare un antico amore di scienza e ragionare nei termini della linguistica cognitiva. Disciplina interessante, ma ancor più interessanti sono gli esiti delle osservazioni  condotte da alcuni suoi esponenti che ne praticano gli ardui territori e che hanno analizzato il ruolo delle metafore concettuali nella comunicazione di massa. Secondo Geroge Lakoff la metafora è una struttura linguistica che consente a noi esseri umani di comprendere un dominio concettuale sulla base di un altro dominio concettuale. “Le mie emozioni scorrono come un fiume in piena” concettualmente, sta per: inarginabili, intense, inarrestabili, travolgenti. Nel linguaggio comune  la parafrasi intermedia che ho appena esplicitato non serve: chiunque a partire da una frase come quella è in grado di evocare una serie di dati concreti sullo stato psicofisico del parlante. Il fatto che le metafore indirizzino i nostri pensieri, fornendo ed evocando precisi schemi di riferimento, ha ovviamente conseguenze molto positive: diventa più facile comprendere, figurarsi le situazioni, immedesimarsi. Tuttavia, proprio perché i mezzi di comunicazione di massa hanno la caratteristica di funzionare con messaggi pronunciati da “uno” e rivolti a “molti” senza la possibilità di replica immediata e quindi senza l'equo paracadute della sana dialettica, capita che l’uso di metafore venga, più o meno coscientemente, utilizzato  per creare un tappeto condiviso di credenze e riferimenti sociali. Per esempio, sempre secondo il George autore di Metafore e Vita quotidiana, Moral Politics e di molti altri scritti decisamente intensi per livello di analisi e di umano calore, le metafore concettuali presenti nelle menti dei conservatori e in quelle dei progressisti americani differiscono non solo per i valori di riferimento, ma anche per il grado di consapevolezza con cui questi valori vengono evocati  nell’argomentazione di scelte ed indirizzi politici. Questa chiave di lettura, chissà perché, mi stimola. Non tanto per rivitalizzare la contrapposizione fra destre e sinistre, ma per smorzare qualunque contrapposizione, per affievolire la forza di qualunque opinione enunciata con forme verbali, e quindi di pensiero, un poco affrettate, poco più complesse del classico “modo di dire”. Fa riflettere che una esperienza come quella dell’Asilo Mariuccia, con pro e contro, limiti e pregi, venga ricordata la maggior parte delle volte per riferirsi a cose di poco conto. Soprattutto in un momento in cui si parla tanto della condizione femminile, della parità di genere, della parità di diritti. Evitare le conseguenze dell'applicazione di luoghi comuni è un diritto di tutti. Di certo ciò che della vita conoscevano le ospiti dell'Asilo Mariuccia non è scritto sui libri che le ragazze di buona famiglia avrebbero dovuto tenere sul comodino secondo i dettami di una società afflitta dalla doppia morale. Ma di sicuro non trattavasi di corbellerie.

2 commenti:

  1. Nella metafora, bisognerebbe forse interrogarsi sul perché del ricorso alle immagini, proprie di un altro contesto, ai fini di una maggiore comprensione di un evento. Perchè il descrivere le emozioni come un fiume in piena, assolva meglio il proprio compito di una spiegazione meramente più puntuale e denotativa.
    Io una risposta ce l'avrei, e forse anche tu.
    Un caro saluto
    Roberto

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    1. ;-)

      "La pittura è una poesia che si vede e non si sente, e la poesia è una pittura che si sente e non si vede. Adunque queste due poesie, o vuoi dire due pitture, hanno scambiati i sensi, per i quali esse dovrebbero penetrare all'intelletto."
      Leonardo Da Vinci.

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